Mutui e prestiti, inflazione e interessi in rialzo

Mutui e prestiti, inflazione e interessi in rialzo

Giovedì 15 giugno, la Banca Centrale Europea ha alzato ancora una volta i tassi d’interesse nel tentativo di fermare l’inflazione.

Questa nell’Eurozona è scesa al 6,1% per il mese di maggio. Era salita al 7% ad aprile.

I tassi di riferimento sono invece aumentati dello 0,25% al 4%. L’istituto ha spiegato che il ritocco all’insù del costo del denaro si deve alla necessità di contrastare un’inflazione che continua ad essere troppo alta da troppo tempo.

Per chi è titolare di un mutuo a tasso variabile o si accinge a prendere in prestito denaro anche a tasso fisso, non è certamente una buona notizia. Le banche stanno trasferendo sui clienti gli aumenti dei tassi, ritrovandosi a loro volta a pagare di più per ricevere liquidità. A cascata, quindi, aumenta tutta la struttura dei tassi.

Tassi ancora in rialzo

L’inflazione nell’Eurozona è risalita come dicevamo, ma quella di fondo finalmente ha iniziato ad arretrare. E’ una piccola buona notizia, finalmente!

Al netto dei prodotti energetici e alimentari, è passata dal 5,7% di marzo al 5,3%. Un piccolo segnale che andrebbe nella direzione di prospettare una discesa dei prezzi al consumo per i prossimi mesi. Se le cose staranno così, la Banca Centrale Europea potrà porre fine agli aumenti dei tassi entro qualche mese.

Probabile che lo faccia a luglio, al massimo a settembre. E questo può significare, però, che aumenterà i tassi quasi certamente un’altra volta per lo 0,25%. Speriamo sia l’ultima.

Di preciso, cosa succede a mutui e prestiti dopo l’aumento dei tassi deciso giovedì 15 giugno? Dobbiamo distinguere tra chi ha acceso un prestito a tasso variabile e chi ne possiede uno a tasso fisso.

Nel primo caso, la rata mensile non farà che aumentare, purtroppo. Nulla accade, invece, a chi ha già contratto un prestito a tasso fisso. Per definizione, infatti, qui la rata resta costante fino alla scadenza.

Discorso più complesso per chi vorrebbe farsi prestare denaro da una banca o una società finanziaria nei prossimi mesi, sempre a tasso fisso. In questo caso, vale l’andamento dell’EURIRS/IRS (Interest Rate Swaps), che è il tasso d’interesse medio a cui le banche si prestano denaro nell’Eurozona e a cui risultano agganciati i mutui a tasso fisso.

Mutui e prestiti a tasso fisso

L’IRS va da un minimo di 1 anno a un massimo di 50 anni e viene rilevato alle varie scadenze quotidianamente. Abbiamo deciso di concentrarci sul tratto che va dai 20 ai 30 anni, il periodo più utilizzato.

Un mutuo medio in Italia, infatti, si aggira intorno ai 23 anni. Scopriamo che, sebbene la Banca Centrale Europea abbia continuato ad alzare i tassi d’interesse, l’IRS è sceso di circa un quarto di punto percentuale dagli inizi di marzo. Ad esempio, l’IRS a 20 anni è passato dal 3,12% al 2,90% nel periodo considerato. L’IRS a 25 anni è sceso dal 2,94% al 2,75% e l’IRS a 30 anni dal 2,78% al 2,62%. Tutto questo in tre mesi e mezzo. Cos’è successo per l’esattezza? L’IRS riflette le aspettative d’inflazione nell’unione monetaria. Gli aumenti dei tassi necessari per combattere l’inflazione avrebbero convinto il mercato sul fatto che nel medio-lungo termine sarà nuovamente mantenuta la stabilità dei prezzi e che quindi l’inflazione scenderà per attestarsi sui valori degli ultimi anni.

Mutui a tasso variabile

Viceversa, l’Euribor varia da 1 a 12 mesi. Ad esso si agganciano i mutui a tasso variabile. E continua a crescere, in quanto riflette le condizioni monetarie sempre più restrittive. In altre parole, nei prossimi mesi le rate dei mutui a tasso variabile continueranno verosimilmente a salire, mentre i nuovi mutui a tasso fisso potranno essere erogati a condizioni più favorevoli.

Il mercato sconta un aumento di quasi altri 50 punti base, cioè di mezzo punto percentuale rispetto ai tassi alzati dall’ultimo board di Francoforte. Ma ciò non avrebbe riflessi sull’IRS.

Prospettive rassicuranti

Considerate che all’inizio dello scorso anno, quando l’inflazione era ancora contenuta e non si aveva idea che le banche centrali avrebbero varato una dura stretta monetaria, l’IRS a 20 anni era allo 0,57%. In pratica, man mano che l’inflazione si sarà “sgonfiata” dopo l’esplosione dovuta ai postumi della pandemia e alle conseguenze della guerra tra Russia e Ucraina sui mercati delle materie prime, i tassi a lungo termine ripiegheranno.

Prestiti e mutui torneranno più accessibili.

Marco Benetti
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